Abstract
La cultura è al tempo stesso una e molteplice. L’unità e la pluralità dicono entrambe che questa realtà appartiene all’esistere umano. Tutte le culture hanno uguale dignità, una dignità che scaturisce dalle persone che in esse si esprimono. La loro multiformità esige il dialogo tra concezioni e linguaggi culturali diversi.
Questa prospettiva ideale si scontra con il potere acquisito da alcune culture. Non lo detengono in base a fattori culturali, ma in forza dell’interesse e del potere dei gruppi che lo esprimono. Il nostro tempo conosce l’imporsi mondiale di una monocultura tecnico-scientifica che esprime un’interpretazione matematica della vita e una visione del mondocome oggetto dominabile e privo di fini intrinseci.
La cultura comprende un criterio valutativo in grado di organizzare e gerarchizzare le molteplici esperienze del vivere umano.
Esiste forte legame tra il Vangelo e la persona umana. Bisogna amare l’uomo perché è uomo, bisogna rivendicare l’amore per l’uomo in ragione della dignità particolare che egli possiede. L’insieme delle affermazioni concernenti l’uomo appartiene alla sostanza stessa del messaggio di Cristo e della missione della Chiesa. La religione è l’anima delle culture, è il criterio della loro logica profonda.
La fede deve essere incarnazione della vita e del messaggio cristiano in una concreta area culturale, in modo tale che questa esperienza non solo riesca ad esprimersi con gli elementi propri della cultura in questione, ma diventi il principio ispirante, normativo e unificante, che trasforma e ricrea questa cultura, dando origine a una “nuova creazione”. La centralità del Vangelo e della liturgia è certamente un tratto originale della concezione missionaria. La Parola di Dio e liturgia parlano dell’opera del Dio creatore e della sua azione per aprire il presente storico alla realtà escatologica del Regno.
Questo processo di incontro tra il Vangelo e la cultura ha una lunga e complessa storia È importante dare lo sguardo e affermare l’attenzione sulla metodologia missionaria al tempo delle grandi scoperte geografiche.
L’annuncio di cui parliamo non ha niente da spartire con il requerimiento, una procedura di evangelizzazione voluta dalle leggi spagnole. Gli indios diventavano soggetti al re di Spagna e alle sue leggi, dovevano accettarle e diventare cristiani.
In questo contesto, si può capire che il ricorso ai missionari e la scelta dei religiosi che, per la loro preparazione spirituale e culturale e per la regola di obbedienza, permettevano di organizzare in poco tempo forme durature di missione. Fu così che, nel mese di ottobredel 1523, il ministro generale dei francescani, Francisco de los Ángeles Quiñones, radunò i suoi frati in partenza per America – los doce apostolos. Il tema dell’annuncio del Vangelo aveva fatto perno soprattutto sui religiosi: francescani, domenicani, agostiniani, mercedari e, più tardi, gesuiti e carmelitani.
Considerando quella missione come voluta dal papa, i primi religiosi non ebbero una chiara coscienza delle implicazioni sociali e politiche che la loro naturale condivisione del mondo spagnolo poteva avere. Solo più tardi prenderanno piena coscienza di una situazione segnata dalla corruzione dell’autorità e degli abusi dei conquistadores. Su questo sfondo si può capire l’importanza e la complessità del compito di annunciare il Vangelo.
Uno dei temi che più appassionano il mondo missionario è il rapporto che intercorre fra evangelizzazione e sviluppo dei popoli poveri. Da quando l’abisso che separa il Nord dal Sud del mondo è diventato tema dominante dell’opinione pubblica. La Chiesa non è certamente rimasta indietro nella partecipazione e nella ricerca di soluzioni alle drammatiche condizioni di vita dei milioni di poveri. La Chiesa non ha mai trascurato di promuovere l’elevazione umana dei popoli ai quali portava la fede in Cristo. Molte le vie tentate per una risposta operativa: impegno nell’aiuto economico ai paesi poveri; finanziamento di “progetti di sviluppo”; potenziamento dell’opera caritativa, sanitaria, educativa, assistenziale delle missioni; coscientizzazione e formazione socio-politica; denuncia delle ingiustizie a livello locale e internazionale; lotta con la schiavitù; scelta preferenziale dei poveri, condivisione delle loro sofferenze e del loro cammino di liberazione; appelli al mondo ricco, soprattutto ai cristiani del mondo, perché siano veramente fratelli dei poveri.
Con il messaggio evangelico la Chiesa offre una forza liberante e fautrice di sviluppo proprio perché porta alla conversione del cuore e della mentalità, fa riconoscere la dignità di ciascuna persona, dispone alla solidarietà, all’impegno, al servizio dei fratelli, inserisce l’uomo nel progetto di Dio, che è la costruzione del Regno di pace, di giustizia, a partire già da questa vita. Lo sviluppo dell’uomo viene da Dio, dal modello di Gesù, Uomo-Dio, e deve portare a Dio. Ecco perché tra annuncio evangelico, cultura e promozione dell’uomo c’è una stretta connessione.
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